ROMA (ITALPRESS) – La crescita del Pil in Italia, a seguito della revisione Istat, si attesta a +0,8% quest’anno e 0,9% il prossimo, in linea con la stima del Governo a legislazione vigente. E’ sostanzialmente in linea anche con la crescita dell’Eurozona, nonostante una politica monetaria più restrittiva in Italia, il Paese che registra l’inflazione più bassa d’Europa (allo 0,7% annuo a settembre, 1,7% nell’Eurozona). E’ quanto emerge dal rapporto di previsione dell’autunno 2024 del Centro studi di Confindustria, presentato alla Camera. La dinamica del Pil nella media del 2024 sarà sostenuta prevalentemente dalle esportazioni nette e in misura minore dagli investimenti fissi lordi. Nel 2025, invece, l’elemento trainante sarà costituito dai consumi delle famiglie. “In Italia la crescita è dello 0,4% rispetto alla prima metà del 2024, percentuale positiva anche a fronte dell’inflazione dello 0,7%. Uno 0,4% spinto quasi interamente dalla dinamica dei servizi, mentre negli altri settori il valore aggiunto è sceso”, ha spiegato Alessandro Fontana, direttore del Centro studi di Confindustria, che ha presentato il rapporto. “Abbiamo una fase particolare dove le costruzioni risentono della fine del superbonus, mentre l’industria è quasi sempre in negativo per quanto riguarda la crescita del valore aggiunto. Il particolare è che solo alcuni settori dell’industria stanno decrescendo, come la pelletteria, l’abbigliamento, mentre altri, come quello della difesa ma anche della carta, sono in momenti di complessiva positività”, ha aggiunto. Altro tema di sostanziale rilevanza quello legato agli investimenti del Pnrr, con tranche che in Italia si attestano superiori rispetto a quelle degli altri Paesi dell’Unione Europea, con una consapevolezza diffusa sul contributo di primo livello che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza potrà fornire all’Italia: “Sul Pnrr abbiamo una massa sostanziale di risorse da spendere, oltre cento miliardi, tra quest’anno e il prossimo. La metà di queste saranno spese quest’anno, secondo nostre previsioni, mentre due terzi l’anno prossimo. Una somma molto importante, anche comparativamente agli altri Paesi europei, rispetto ai quali siamo in una situazione di vantaggio”, ha sottolineato Fontana. “Prosegue inoltre il recupero delle retribuzioni reali, nel pubblico come nel privato. Per quest’ultimo è stato recuperato il 40% della perdita di potere d’acquisto, a fronte di un’inflazione bassa, mentre nel pubblico le retribuzioni reali sono ancora in negativo del 9%. In un tempo rapido, però, l’Italia sta cercando di recuperare in termini di salari, mentre per quanto riguarda l’export il contributo maggiore alla crescita verrà dall’export netto, questo per una forte caduta dell’import, influenzato da rifornimenti energetici in calo rispetto al passato”.
Note liete alle quali si affiancano i nodi del presente, che in Italia sono ormai riconosciuti in lavoro, alloggi e politiche green, con costi di sostenimento elevati che, specialmente in questi ultimi due casi, rallentano la mobilità dei lavoratori e influiscono sulla competitività delle aziende: “Bisogna mantenere alta l’attrattività del lavoro in Italia, all’interno di un complesso scenario di rapporto tra calo demografico e carenza di lavoratori”, osserva ancora il direttore del centro studi di Confindustria. “Tra il 2024 e il 2028 la componente demografica, tenendo conto del saldo migratorio, porterà una minore offerta di lavoro corrispondente a 520mila unità, avendo così tra quattro anni un fabbisogno di 850mila unità. C’è sicuramente possibilità di intervenire sull’aumento del tasso di occupazione, ma questo significa accrescere l’occupabilità dei lavoratori, attraendo chi non ne fa parte, in particolare donne e giovani. E’ importante intervenire anche sul fattore alloggi – ha evidenziato -, dove a Milano lo squilibrio è abbastanza evidente, ma la questione si allarga a quasi tutto il centro-nord. Nodo di competitività fondamentale, così come quello legato a ETS e CBAM, strumenti creati con l’intento di ridurre le emissioni della manifattura europea, costruiti per far sì che annualmente la quota delle emissioni venga ridotta. Un processo – ha chiosato – che negli ultimi anni ha subito un’accelerazione, con una limitazione che fa crescere il prezzo del carbonio per chi lavora nel settore. Questo provoca certamente un calo della competitività, del quale le imprese italiane indubbiamente soffrono”, ha concluso Fontana.
(ITALPRESS).
-Foto: Tabella Centro Studi Confindustria –
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